Abbonamenti: i clienti hanno diritto al rimborso? - La Palestra

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Dossier

Abbonamenti: i clienti hanno diritto al rimborso?

Come gli esercenti di palestra e i consumatori titolari di abbonamenti possono regolare i rapporti in essere al momento della sospensione disposta a causa dell’emergenza

Come  ben noto l’emergenza Coronavirus ha costretto il nostro Governo ad adottare misure volte a diminuire drasticamente  il contatto ravvicinato tra le persone, e la conseguente diffusione di massa del contagio.

Tra i vari provvedimenti emanati vi è il divieto di frequentazione delle palestre e la relativa sospensione delle attività (compresa, per quel che interessa, anche quella di piscine, centri benessere, e centri termali, essendo ulteriori servizi spesso offerti nelle palestre). Tali decisioni comportano inevitabilmente la necessità di una regolamentazione dei rapporti in essere tra fornitori di servizi e consumatori.

Tra quelli per i quali il Governo ha dettato delle linee guida non è tuttavia compreso quello tra palestre e soci/consumatori.

Ne consegue che si dovrà necessariamente far riferimento alle norme del codice civile, previa necessaria distinzione tra esercenti che, nella sostanza, svolgano attività a fini di lucro, ed esercenti che svolgano attività dilettantistica senza fini di lucro.

Per i primi si potrà far rinvio alla disciplina della “impossibilità definitiva e temporanea della prestazione” di cui all’art. 1256, e della “impossibilità sopravvenuta” di cui all’art. 1463.

Nello specifico l’art. 1256 c.c. stabilisce che “L’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile. Se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento. Tuttavia la prestazione si estingue  se l’impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse ad eseguirla”.

Mentre l’art. 1463 c.c. stabilisce che “Nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione, e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell’indebito”.

Tenendo in considerazione che i consumatori possono usufruire di diverse tipologie di abbonamenti offerti dalle palestre, diversi sono i diritti/doveri attribuibili alle parti.

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Preliminarmente è doveroso precisare che alcun inadempimento contrattuale potrà essere addebitato alle palestre le quali hanno dovuto sospendere i servizi offerti alla clientela in ottemperanza dei provvedimenti emanati dal Governo, così come dalle Regioni e/o dai Comuni qualora antecedenti.

Nel caso di specie, quindi, non si ritiene sussistano i presupposti affinché il consumatore possa esigere un (eventuale) indennizzo o risarcimento del danno a causa della sospensione dei servizi.

Per i medesimi motivi, alcuna colpa potrà essere attribuita al consumatore che non ha usufruito di quei servizi per i quali abbia già sottoscritto e pagato un abbonamento.

Veniamo ora alla possibile regolamentazione dei rapporti tra le parti.

Le attività a fini di lucro

  • Qualora il consumatore abbia acquistato un abbonamento scaduto durante il periodo di divieto, potrà aver diritto al rimborso della quota parte non usufruita.
  • Qualora sia titolare di abbonamento non ancora scaduto al momento in cui sia terminata l’emergenza e consentita la riapertura delle palestre, continuerà ad usufruire dell’abbonamento sino alla scadenza contrattuale, con diritto al rimborso della quota parte non usufruita durante il periodo di sospensione.
  • Nel caso in cui l’abbonamento sottoscritto preveda un numero prestabilito di ingressi senza scadenze temporali, potrà usufruire del proprio diritto di accesso quando sarà terminata l’emergenza; differentemente, qualora sottoposto a termine, potrà aver diritto al rimborso per la quota di ingressi non utilizzati.

Resta inteso che le parti, nel pieno esercizio della propria autonomia negoziale, potranno regolare anche differentemente i loro rapporti contrattuali, addivenendo ad esempio a un accordo di “congelamento” (e conseguente prolungamento) dell’abbonamento per un periodo pari a quello di vigenza del divieto e della sospensione delle attività. Trattasi tuttavia di una facoltà, e non di un obbligo, la quale richiede quindi il consenso di entrambe le parti contrattuali.

Le attività senza fini di lucro

Per quanto riguarda, invece, gli esercenti che non perseguono finalità di lucro, poiché la quota versata dal socio è destinata al perseguimento della finalità tipica dell’associazione/società sportiva dilettantistica, ovvero la promozione di specifici valori sportivi, e non tipicamente e principalmente alla fruizione dei servizi offerti agli associati, non si ritiene che il socio possa esigere la restituzione della quota parte non “usufruita” a causa della sospensione. In tale caso, tuttavia, non può dubitarsi che la sospensione abbia effetti anche sulla durata della quota associativa, la quale dovrà essere prolungata per il medesimo periodo.

Il presente articolo, chiuso redazionalmente il 06/04/2020, ha mera finalità informativa e non costituisce parere pro veritate.

Avv. Valerio De Santi – Parte dello Studio Legale Muratori 
and Partners – info@muratoriandpartners.com – Tel. 06 51605708

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