Emergenza Coronavirus: in fumo 1 miliardo di euro e oltre 200 mila posti di lavoro a rischio nel settore fitness, secondo una indagine dell’International Fitness Observatory
In Italia si stima che, a causa dell’emergenza per il Coronavirus, la perdita economica del settore fitness ammonti a 1 miliardo di euro (in 5 mesi) con oltre 200 mila posti di lavoro a rischio, secondo i dati emersi dalla ricerca di IFO (International Fitness Observatory). Al quarto mese di stop, oltre l’82% dei club ritiene che non avrà più le risorse per sopravvivere alla crisi.
L’industria del fitness e dello sport rappresenta una realtà importante nell’economia nazionale. Un mercato importante in Italia in costante crescita con oltre 5,5 milioni di persone iscritte in palestra e con un fatturato annuale di oltre 2,3 miliardi di euro, che è entrato nel suo momento più drammatico.
IFO, in collaborazione con la società Egeria, e il supporto di FNI, ha realizzato una ricerca, coordinata da Paolo Menconi, presidente dell’Osservatorio, coinvolgendo oltre 6.700 club in tutta Italia nel periodo tra il 17 e il 31 Marzo 2020.
I risultati della ricerca
Dai risultati generali emerge innanzitutto che il panorama delle palestre in Italia è composto per la maggioranza (59%) da piccoli club indipendenti, solo il 12% appartiene a catene e quasi il 3% in franchising. Il restante 28% è formato da piccoli studi di yoga, pilates, ecc.

Quasi la metà dei Club (47,7%), ha una superficie sotto i 500 mq; il 28% ha una dimensione fra i 500 e i 1.000 metri quadrati, mentre i club fra i 1.000 e i 2.000 metri quadrati sono il 12% e quelli oltre i 2.000 metri quadrati 12%. Di conseguenza, dominano i centri (64,5%) con un numero di soci e clienti inferiore a 500.

Club consolidati nel tempo – La netta maggioranza delle palestre è consolidata nel tempo: oltre il 57% è in attività da più di dieci anni e il 21% tra 5 e 10 anni. Il 19% tra 2 e 5 anni e solo il 3% meno di 2 anni.

Offerta variegata – L’offerta dei club e la tipologia di abbonamento (ingresso giornaliero, mensile, semestrale, annuale, ecc.) è molto varia. Tuttavia solo il 23% dei club ha oltre della metà dei clienti con un abbonamento annuale. Questo lo rende un mercato finanziariamente “fragile”.

Convenzioni con Aziende e/o mondo della salute – Meno del 40% delle palestre ha convenzioni o partnership con aziende o con il mondo della salute. Interessante notare che chi ha stipulato convenzioni le ritenga molto utili e intenda svilupparle (quasi il 68%). Certamente una delle aree di crescita interessanti per chi la saprà sviluppare in futuro, per il rilancio dei Club.

Organizzazione e gestione – Il modello prevalente di gestione è quello della conduzione familiare e in cui prevale il modello “one man company”,dove il proprietario, in molti casi, si occupa tutto: dall’organizzazione della palestra alle varie attività operative. Infatti, il 27% dei club non ha una reception e quasi il 60% non ha un consulente commerciale, né amministrativo. Lo staff tecnico sportivo impiegato rientra in un range fra 1 e 5 istruttori nell’82% dei casi; solo il 6% ne ha più di 10 e oltre l’86% dei centri sportivi, dichiara di spendere meno di 30mila euro al mese per il personale.

I dati che scottano: quelli economici
Oltre il 90% dei club ha stimato sul periodo di febbraio e marzo un mancato incasso tra l’80% e il 90%, considerando che le chiusure hanno seguito periodi differenti nelle varie regioni d’Italia. L’impatto sul fatturato annuale è importante: il settore perde mensilmente tra il 5% a più del 10% sul fatturato dei 12 mesi che, in circa 5 mesi di inattività, si stima potrebbe superare 1 miliardo di incassi in tutta Italia.
Quanto possono resistere i Club?
Se la situazione è difficile per tutti, la capacità economica di poter resistere è differente: il 22% dichiarava di avere autonomia per 1 mese. In 2 mesi il 61% riteneva di non avere le forze economiche per superare la crisi. Il 77,3% dei Club pensava di non farcela in 3 mesi. Al quarto mese di stop (maggio/giugno), il rischio è quello che oltre l’82% dei Club non sopravviva. Infine, solo il 3,4% dei club avrebbe potuto avere le risorse economiche per resistere a cinque mesi di chiusura.
Serve un aiuto al più presto
La maggioranza dei Club, oltre il 77%, chiede la sospensione delle incombenze fiscali e delle forniture e il 72% vorrebbe forme di finanziamento a fondo perduto a sostegno/rilancio dei Club.
Il 65% conferma questa richiesta anche come forma di indennizzo/agevolazione. Il 44% chiede ammortizzatori sociali come la cassa integrazione, sospensione dei mutui, ecc. e viene richiesta la sospensione dei versamenti, di ritenute e contributi dei collaboratori. Molti metto in risalto la necessità di linee chiare relative alla sospensione dei contratti di affitto in un momento di totale stop.
Con nuovi fondi a disposizione, dove è importante investire per il futuro, per il rilancio dei Club?
Al primo posto i Club mettono “Pubblicità e comunicazione”, poi “Eventi promozionali”, ed è significativo l’interesse per “Nuove partnership con Aziende e mondo della salute”. I club sentono l’esigenza di nuove competenze al loro interno e così molti pensano a “Corsi di aggiornamento per lo staff”.

Il prossimo è un dato “nuovo” e, ovviamente, dovuto a questa nuova realtà: “Coperture Assicurative a tutela di futuri eventi negativi”, poi “Nuovi attrezzi per la sala fitness” per rinnovare l’offerta ai propri clienti che va di pari passo con l’introduzione di “Nuovi Corsi collettivi nel planning settimanale”; seguono “Nuove tecnologie e Software per analisi e gestione del Club” e “Ampliamento e/o rinnovo spazi del Club (bar, ristorante, spa, ecc.)”.
E nel frattempo cosa fanno i Club?
Nell’attesa che tutto ritorni alla normalità, i club si sono riorganizzati per poter permettere ai propri iscritti di seguire i corsi di fitness grazie alla tecnologia. Il 71% propone allenamenti in streaming e il 40% offre corsi video registrati da seguire online. Inoltre, il 42% dei centri ha già previsto attività di sanificazione in tutti gli spazi della propria struttura.
Il futuro non è roseo ma c’è speranza
Nonostante la difficoltà del momento, quasi il 7% prevede che il proprio club sia consolidato e che quindi il numero dei clienti/soci, a emergenza finita, potrebbe essere uguale. Il 25% ritiene che tra una anno la situazione sarà difficile, ma sostenibile; il 46% circa ritiene che sarà peggiore, mentre il 20% addirittura compromessa.

Purtroppo solo l’11,6% pensa che tra un anno la situazione sarà migliore e poco meno dell’11% non ha idea di come sarà il futuro.
Penso sia evidente che i risultati di questa ricerca indicano che l’industria del fitness è in un momento difficilissimo e senza precedenti. Non va dimenticato che è un settore che ha un ruolo sociale fondamentale per il benessere psico-fisico dei cittadini. Va protetto con interventi strutturali seri e concreti, sia per chi vi lavora, sia per i clienti, per potersi rimettere in piedi e continuare a guardare serenamente al futuro.
Paolo Menconi
«Uomo dei numeri» di Getfit e Presidente di IFO – International Fitness Observatory.
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