L’attività fisica per il cardiopatico - La Palestra

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Fitness

L’attività fisica per il cardiopatico

Sport come prevenzione o come compensazione per il cardiopatico. Gli esercizi consigliati e quelli da evitare quando si è costretti a fare i conti con problemi di cuore.

Il cuore è un organo posto nella regione mediastinica all’interno della cavità toracica

Protetto dallo sterno e dalle cartilagini costali, anteriore alla colonna vertebrale da cui è separato dall’esofago e dall’aorta, ed addossato al diaframma.
Costituito pressoché da tessuto muscolare ed epitelio, è supportato da un tessuto fibroso (pericardio).

Il muscolo cardiaco, o miocardio, è l’elemento centrale dell’apparato circolatorio; funge da vera e propria pompa, capace di indurre sufficiente pressione a permettere la circolazione del sangue.

Al pari delle pompe idrauliche può avere problemi di fabbricazione (cardiopatia congenita) oppure usurarsi troppo a causa di cattiva manutenzione (cardiopatia ischemica). Ciò lascia intendere quanto importante sia una attività motoria di compensazione, nel primo caso, e di prevenzione nel secondo.

Il miocardio appare striato come i muscoli scheletrici, ma presenta alcune differenze fondamentali.

In condizioni di riposo si caratterizza per:

– densità capillare (3-4 volte > muscolo scheletrico)

– flusso ematico elevato, circa 20 volte > muscolo scheletrico

– consumo di O2 elevato (7-9 ml/min. ogni 100 g di tessuto contro i 0,15 ml/min. ogni 100 g di tessuto muscolare scheletrico)

– estrazione di O2 elevata (differenza artero-venosa di O2 10 ml/100 contro i 5 ml/100ml del muscolo scheletrico).

Il cuore ha, ciò nonostante, una limitata capacità a trarre energia dai processi anaerobici. Considerato che l’estrazione di O2 è elevata già a riposo, all’aumentare delle richieste energetiche aumenta il flusso ematico nel sistema coronarico fino a 5 volte l’ordinario.

Cardiopatia congenita

Una classificazione suddivide le più comuni forme patologiche in semplici e complesse.
Le prime suddivisibili in (Tab. 1):

L’eziologia è multifattoriale ma riassumibile in alcune casistiche (Tab. 2):

Cardiopatia ischemica

Diminuzionesoppressione dell’apporto di sangue in una regione corporea. Causa principale è una malattia arterosclerotica a carico delle arterie coronariche favorente depositi grassosi nella parete interna delle arterie, riducendo in tal modo il lume vasale e l’elasticità parietale. Vincolato al transito in un vaso di calibro ridotto il sangue subisce un aumento pressorio inficiando l’integrità dell’arteria stessa. Tale restringimento altera l’ordinaria circolazione favorendo la formazione di trombi che possono ostruire i vasi di calibro minore. Lo stesso trombo favorisce la sintesi di trombossano, un potente vasocostrittore. L’ischemia locale altera il comportamento elettrico del cuore generando aritmie compromettenti l’efficienza
cardiaca. Contemporaneamente il ridotto afflusso di sangue ed O2 riduce la contrattilità cardiaca. I tessuti colpiti da ischemia sono caratterizzati da (Tab. 3):

Il quanto si traduce in uno stato di sofferenza tissutale ed ipofunzionalità organica. L’evento può cadere in presenza di una aumentata richiesta miocardica di O2 o di un calo del flusso coronarico.

Viene così a crearsi un fabbisogno di O2 e sostanze nutritive.
Tale deficit può essere transitorio o permanente. Le conseguenze dell’ischemia cardiaca dipendono principalmente da:

– importanza del vaso occluso (< è l’area cardiaca irrorata e < sarà il danno)

– durata dell’occlusione

– perfusione collaterale: se una cellula è irrorata da più di un capillare, ciò potrebbe garantirne la sopravvivenza

– stato metabolico e funzionale miocardico pre-evento.

La cardiopatia ischemica presenta, quindi, origini multifattoriali, accomunate dal ridotto apporto sanguigno al cuore. 

Prevenzione e compensazione

Sia la prevenzione, principalmente riferita alla cardiopatia ischemica, che l’adattamento, giocano un ruolo fondamentale nella vita di un individuo, e nel cardiopatico in genere.

I due elementi, anche se riferiti a condizioni diverse (patologiche nel secondo caso) hanno eguale sviluppo ed applicazione. L’assunzione di un adeguato stile di vita (alimentazione, attività fisica) ed un corretto approccio emotivo (gestione della rabbia e dello stress), possono garantire una corretta profilassi.

L’attività fisica

Trattandosi di cardiopatici, la prescrizione dell’attività motoria riferisce unicamente al medico. Compito del trainer sarà sviluppare le indicazione sanitarie (intensità, durata, frequenza) e ricavarne un programma valevole, ma soprattutto sicuro.

È comprovato che l’esercizio fisico nei soggetti con cardiopatia ischemica cronica aumenta la resistenza allo sforzo, riduce la sintomatologia anginosa e migliora il profilo glucidico, quello lipidico e pressorio.

La perfusione miocardia è aumentata attraverso meccanismi stimolanti la funzione endoteliale e l’attenuazione dello stress vascolare. È superfluo affermare che tali benefici, anche se proporzionalmente diversi, giovano anche a chi è affetto da condizioni congenite, e quindi non riconducibili ai parametri delle tabelle 4 e 5.

Risulta di sicura applicazione un programma aerobico

riferito ai parametri medici, e coadiuvato dall’uso del cardiofrequenzimetro (vedi mio articolo su LA PALESTRA N. 29), ove si preferirà l’ausilio del tapis roulant alle cyclette in quanto: la cyclette, data la posizione da assumere, potrebbe limitare la motilità del diagramma durante l’inspirazione e creare problemi alla discesa di quest’ultimo; ergometri ad uso degli arti superiori sono consigliati in quanto il lavoro tale periferico potrebbe richiedere un volume di sangue repentino per un cuore malandato.

L’ausilio di pesi, a meno che non sia espressamente richiesto dal medico, è da evitare, almeno in una prima fase, dato l’elevato valore pressorio relativo ad un lavoro muscolare “puro”. Quest’ultima dinamica può essere presa in considerazione data la capacità di capillarizzazione del lavoro periferico, in un successivo approccio qualora vengano rispettati alcuni parametri.

In relazione all’intensità sono da tener presenti alcuni parametri e talvolta far riferimento anche alla scala di percezione soggettiva di Borg, ove si chiederà al soggetto di abbinare all’intensità sentita un valore da 1 a 20.

In ultimo, è da tener presente che spesso il soggetto potrebbe risentire di problemi alla deambulazione e alla coordinazione in genere, o temere taluni esercizi. Compito del trainer sarà anche di sostenere ed incoraggiare il cliente oltre che vigilare il suo allenamento.

Francesco Barbato

AVVERTENZA – I contenuti degli articoli di questa rivista non hanno valore prescrittivo, ma solo informativo e culturale. Tutti i nostri consigli e suggerimenti vanno sempre sottoposti all’approvazione del proprio medico.

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