Riforma dello Sport - La Palestra

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Normative

Riforma dello Sport

La riforma dello sport, da alcuni tanto attesa, è stata varata, cosa cambia da oggi per i professionisti del fitness?

Una riforma attesa da quattro lunghi decenni, preceduta da una legge delega (Legge 86/2019) che ha prodotto lacerazioni in ambito istituzionale fino al rischio, paradossale, di vedere atleti italiani gareggiare alle prossime Olimpiadi di Tokio senza bandiera tricolore e inno nazionale per evidenti criticità nel contenuto di una riforma che vedeva ridimensionare il CONI. Poi la conclusione, rapida, dell’iter finalizzato all’approvazione dei decreti legislativi, con tutte le criticità conseguenti, entro la fine di febbraio scorso.
Tralasciamo in questa sede ogni facile considerazione sull’impatto per ASD e SSD ovvero sulla figura del lavoratore sportivo che si auspica saranno oggetto di interventi specifici e con maggior attenzione rispetto all’attuale formulazione.
Proviamo a rispondere alle principali domande che in questo periodo sono ricorrenti per i titolari di palestre e centri sportivi.

Come impatta questa riforma, nell’immediato, per palestre e centri sportivi?

Sicuramente un provvedimento approvato in corsa come la Riforma dello Sport ha fin da subito evidenziato alcune carenze e per questo il D.L. Sostegni (41/2021) ne ha previsto un rinvio generalizzato dell’entrata in vigore al 1° gennaio 2022 mentre per le sole disposizioni che interessano il lavoro sportivo l’entrata in vigore viene posticipata al 1° luglio 2022.
Questo non deve tuttavia far venire meno l’attenzione e la sensibilità verso una questione che ripropone in modo marcato l’inquadramento delle attività per le palestre e i centri sportivi. La nuova disciplina (con il D.Lgs. 36/2021) interviene già all’articolo 2 fornendo (tra le altre) alcune interessanti definizioni come:

  • “associazione o società sportiva dilettantistica” (articolo 2, comma 1, lettera a);
  • “lavoratore sportivo” (articolo 2, comma 1, lettera dd);
  • “palestra della salute” (articolo 2, comma 1, lettera ff);

Ovviamente ci sono anche altre fondamentali definizioni che meriterebbero menzione e approfondimento nell’articolo (per l’esattezza ci sono ricomprese complessivamente ben “36” definizioni che chiariscono un perimetro normativo di applicazione fin qui mai condensato in un’unica disposizione).

Nessun impatto immediato alla riapertura, ma modifiche nel breve periodo

Come già detto in apertura, sicuramente in una prima fase della riapertura non ci sono impatti immediati con la nuova normativa, tuttavia se è vero che gran parte di palestre e centri sportivi (a torto o ragione) ad oggi si qualificano (e autodeterminano) come “A.S.D.” o “S.S.D.” forse è arrivato il momento di leggere con attenzione chi potrà proseguire a identificarsi come tale secondo le normative che saranno in vigore dal 1° gennaio 2022 ovvero “un soggetto giuridico affiliato ad una F.S.N., ad una D.S.A. o ad un E.P.S. che svolge senza scopo di lucro, attività sportiva, nonché la formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza all’attività sportiva dilettantistica”.

Solo queste poche righe evidenziate in neretto meriterebbero una trattazione molto più analitica e spietata che sicuramente sarà svolta in altro momento e altra sede.

Oggi si pone il problema solo di scomporre quanto enunciato come segue:

a) Il “soggetto giuridico” è affiliato a una FSN, DSA o EPS?

b) Svolge senza scopo di lucro attività sportiva, nonché (contemporaneamente) formazione, didattica, preparazione e assistenza per attività dilettantistica?

Credo l’eventuale risposta affermativa, anche in buona fede, alle due domande non sarebbe sufficiente per garantire la permanenza di un soggetto già operante da anni con la natura di ASD o SSD nell’ambito dello sport dilettantistico tenuto conto che la Suprema Corte (v. Cass. n.11492/2019) ha dato continuità ai precedenti di legittimità confermando che “in tema di agevolazioni tributarie, l’esenzione d’imposta prevista dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 111 (ora art. 148), in favore delle associazioni non lucrative dipende non dall’elemento formale della veste giuridica assunta (nella specie, associazione sportiva dilettantistica), ma dall’effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro.

Tutto questo (senza spingerci oltre per ora) dovrà necessariamente richiamare ogni ASD/SSD a valutare se sia il caso di proseguire nell’attuale natura ovvero sia arrivato il momento di valutare e scegliere diversi scenari per la prosecuzione delle attività.

La Riforma dello Sport: cosa cambia per il lavoratore sportivo?

Quanto al concetto di lavoratore sportivo di cui si è fatta menzione sopra, anche qui senza addentrarci in approfondimenti particolari, ci limiteremo ad osservare che non deve ingannare né l’entrata in vigore al 1° luglio 2022 delle disposizioni in materia di lavoro sportivo né una definizione (apparentemente semplice) che qualifica lo stesso “senza alcuna distinzione di genere e indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico, esercita l’attività sportiva verso un corrispettivo”.

Quindi si potrà continuare a qualificare come lavoratore sportivo chi svolge come unica attività lavorativa un’attività di istruttore in un centro fitness, con o senza aver superato la franchigia di euro 10.000,00? Si potrà qualificare (e potrà beneficiare delle relative agevolazioni) chi – a vario titolo – come lavoratore sportivo che svolge prestazioni sportive amatoriali (articolo 29) “mettendo a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per promuovere lo sport, in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretti, ma esclusivamente con finalità amatoriali”, quando questa è l’unica attività svolta dallo stesso?

Non sarà così scontato che si potrà proseguire nella percezione di compensi sportivi da parte di una platea generalizzata come abituati fino ad oggi. Semmai il contrario.
In generale occorrerà rivedere l’intero organigramma organizzativo e funzionale di ogni palestra e centro sportivo (anche e soprattutto prima dell’entrata in vigore della riforma) per valutare i possibili impatti di costi (maggiori) che la normativa (salvo modifiche) potrebbe determinare al momento in cui verranno meno una serie di comportamenti e procedure come quelle attualmente poste in essere dalla stragrande maggioranza delle ASD e SSD.

La certificazione per le palestre della salute

Infine, non ultima per importanza, ma sicuramente un punto di partenza per futuri scenari è la definizione di “palestra della salute”. Ad oggi anche se ancora poco sviluppata, è ipotizzabile abbia un sensibile incremento promuovendo e diffondendo la pratica dell’esercizio fisico, anche attraverso la prescrizione medica, nelle persone con patologie croniche. Come noto, i programmi di esercizio fisico strutturato e adattato nelle “Palestre della Salute” sono da svolgersi, su prescrizione o su consiglio medico, sotto il controllo di un laureato magistrale in scienze motorie con indirizzo in attività motoria preventiva e adattata, nell’ambito di idonee strutture, pubbliche o private, dette “palestre della salute”, riconosciute dalle Regioni attraverso procedura di certificazione. La certificazione di “Palestre della Salute” potrà essere ottenuta non solo dalle palestre ma anche da altre strutture sportive.

La Riforma dello Sport: quali azioni da valutare e intraprendere in relazione ai decreti legislativi?

Sicuramente i decreti legislativi che sono alla base della c.d. Riforma dello Sport interessano più ambiti delle attività e – in prima istanza – sarebbe opportuno prendere in esame i seguenti:

a) Natura del soggetto giuridico (ed eventualmente prevedere i cambiamenti entro la fine del corrente anno 2021);

b) L’analisi e la valutazione dell’organigramma con l’attribuzione dei relativi costi a carico della struttura a far data da luglio 2022;

c) L’analisi e la valutazione (anche strategica rispetto al territorio e all’offerta di servizi sportivi presenti in quell’area geografica) per riqualificare e far autorizzare la propria struttura come “Palestra della Salute”;

d) L’impatto delle normative di cui al D.Lgs. 38/2021 in materia di norme di sicurezza per gli impianti sportivi (comprese le palestre e i centri sportivi).

Già solo questa parte avrà un forte impatto sul budget di ogni ASD/SSD e più in generale su ogni palestra e centro sportivo indipendentemente dalla forma giuridica. Poi potranno essere valutati altri interventi più specifici ma occorre partire dalla base della riforma.

Cosa accadrà per l’inquadramento dei collaboratori sportivi e non?

Come sottolineato già dalle prime analisi del provvedimento (D.Lgs.36/2021) per la parte del lavoro sportivo alcune criticità non potevano giustificare l’immediata entrata in vigore. Ad oggi manca la consapevolezza da parte di tutti circa l’impatto del costo del lavoro sportivo sui bilanci di palestre e centri sportivi.
In taluni casi le proiezioni e l’analisi dei costi effettivi potrebbero giustificare scelte importanti sia sull’inquadramento e sia sui relativi costi.
Mai come in questa fase è di fondamentale importanza per ogni palestra e centro sportivo elaborare più scenari attraverso budget di funzionamento sia in termini di costi per la ripresa che al momento in cui la disciplina del lavoratore sportivo sarà in vigore.

Cosa dovranno fare palestre e centri sportivi?

Innanzitutto occorre distinguere proprio questo: il fitness non è né sport professionistico né sport dilettantistico quindi la prima valutazione da fare è, come già detto, una completa e profonda revisione della propria natura e inquadramento della gestione.
In questa sede ci limiteremo a ripetere che le ASD e SSD sono soggetti specifici per l’attività dilettantistica. Il centro sportivo e la palestra non è sempre chiaro per quanto già visto in talune situazioni di verifiche fiscali, se possano ritenersi all’interno del perimetro delle norme di riferimento dello sport dilettantistico o professionistico.

La Riforma dello Sport: conclusioni

Questo breve intervento non ha la pretesa di aver illustrato una riforma, peraltro ancora lontana da essere considerata definitiva, ma è un primo approccio affinché sia i titolari di palestre e sia tutti coloro che, a vario titolo, sono componenti del panorama sportivo possano iniziare un processo di revisione della propria struttura e organizzazione in merito all’inquadramento che, per ovvi motivi, non potrà più per nessun motivo beneficiare di (presunte) agevolazioni fin qui utilizzate talvolta anche in modo strumentale ovvero non spettante.
Pensiamo soltanto alla possibile fuoriuscita dal Regime Forfetario (legge 398/91) per ASD e SSD che impatto avrebbe sulla liquidità e soprattutto sui maggiori costi, pensiamo ai costi per contribuzione previdenziale per collaboratori sportivi e non, pensiamo ai costi di adeguamento per la sicurezza (compresa la revisione del DUVRI per il rischio pandemico, etc.).
Insomma, un cammino lungo e ancora senza regole precise, ma che impone a tutti (nessuno escluso) un’analisi e scelte che saranno sicuramente impegnative.

Roberto Selci
Dottore Commercialista e Revisore Legale Collaboratore FISCOSPORT.IT e Componente della Rete Nazionale dei Professionisti del Terzo Settore e dello Sport
www.robertoselci.it
studio@robertoselci.it

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