Il lavoratore sportivo - La Palestra

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Normative

Il lavoratore sportivo

Ripensare il rapporto con il lavoratore sportivo unitamente alla revisione delle modalità di gestione del Club.

Come noto c’è attesa per l’entrata in vigore della Riforma dello Sport o almeno per quella che si profila come la parte più delicata dell’intero impianto della normativa approvata il 28.02.2021 e poi oggetto di intervento correttivo lo scorso ottobre 2022.

Una diversa visione dei concetti di dilettantismo e professionismo aprirà a nuovi modelli di rapporti e di gestione

Forse ci sarà bisogno di ulteriori interventi ma è di tutta evidenza che questa riforma è riuscita a delineare finalmente la figura del lavoratore sportivo.

C’è molto da fare ancora ma il primo (decisivo) passo in avanti è stato fatto anche se in molti ancora non hanno compreso l’importanza e la preziosa opera che ha svolto una Commissione formata da esperti professionisti che hanno saputo coniugare con sapienza e attenzione i bisogni dei lavoratori con le difficoltà del momento dei sodalizi sportivi, delle palestre e dei centri.

Differenziamo il lavoratore sportivo

Torneremo ad approfondire meglio alcuni concetti in futuro, ma uno degli aspetti che spesso è trattato superficialmente è che la riforma non riguarda solo il tanto auspicato riconoscimento del lavoratore sportivo, ma questioni legate al dilettantismo e il professionismo. Alcuni autorevoli commentatori hanno approfondito il tema, ma ancora oggi in molti confondono il professionista sportivo (inteso come atleta di livello in particolari discipline) e il dilettante sportivo (inteso come praticante a livelli più bassi).

Finalmente quando parliamo di area del professionismo dobbiamo riferirci all’ampia platea dei lavoratori (personal trainer, istruttori, coach, etc.), che operano nel quotidiano e che l’attività svolta è, di fatto, il mezzo di sostegno economico degli stessi.

Circa dieci anni fa un commentatore di livello nazionale ha puntualizzato: in tutti quei casi in cui il prestatore d’opera (sportiva) svolga una prima attività di natura extra sportiva dalla quale riceve la gran parte del reddito per il suo sostentamento, è possibile che svolga l’attività sportiva “prevalentemente” per passione e, quindi, indipendentemente dal corrispettivo riscosso, è da ritenere fuori zona contributi non trattandosi di prestazione lavorativa.

Nel caso in cui, invece, il “lavoratore” tragga dallo sport le fonti principali di reddito, magari abbia una specifica formazione in tal senso (laureato o studente di scienze motorie, partecipante a corsi di formazione indetti dalla Federazione di appartenenza) non vi è dubbio che si dovrà parlare di lavoro autonomo o subordinato con conseguenti obblighi previdenziali e assicurativi.

Area del professionismo e area del dilettantismo

Ebbene, questi due concetti chiari, precisi e senza possibilità di equivoco, oggi vengono proposti in altra chiave di lettura e quindi viene introdotto il concetto nel primo caso di “area del dilettantismo” intesa quale attività che per caratteristiche di svolgimento, tempo impegnato e per scarsa prevalenza come fonte di reddito risponde a tali elementi oggettivi.

Diversamente se il lavoratore sportivo trae dallo sport fonti principali di redditi siamo di fronte a quella che viene denominata “area del professionismo” intesa quale attività primaria e/o esclusiva, per l’entità del reddito conseguito, tempo impegnato e caratteristiche di prevalenza assoluta.

Tutto questo ci porta ad osservare come, rispetto al passato, non è più plausibile ipotizzare che ciò che non viene configurato di natura professionistica sarà invece visto come dilettantistico. Sono mutate le prospettive e conseguentemente cambieranno tutte le regole (ove già non lo sono spontaneamente).

Quindi sarà assolutamente improbabile, fatto salvo che il nostro lavoratore sportivo o il club dove svolge la propria attività, non intendano adeguarsi e una volta per tutte qualificare correttamente il rapporto. Sarà importante fare un lavoro sulla consapevolezza mettendo da parte (ove ancora presente) il mero criterio di (apparente) convenienza per lasciare spazio e visibilità a rapporti costruiti nel rispetto delle regole e non più di (improbabili e fuorvianti) criteri di comodo.

Il lavoratore sportivo scendiamo un po’ più nel dettaglio

La Suprema Corte di Cassazione già tra all’inizio dello scorso anno nelle proprie sentenze e ordinanze ha più volte ridisegnato una corretta interpretazione circa l’inquadramento e il trattamento delle somme corrisposte a sportivi ma non è stato sufficiente.

Ad oggi più di un Club e sicuramente molti lavoratori sportivi vorrebbero proseguire ad applicare una norma che in molti casi non risponde alla corretta impostazione evitando l’adozione di principi e adempimenti ormai imprescindibili.

Proviamo a tracciare quale dovrebbe essere una visione corretta in molti casi.

Ipotizziamo un lavoratore sportivo come un personal trainer che svolge circa 15 ore di lavoro in un centro sportivo, ebbene se questo tecnico intende adeguarsi a quello che sarà il principio su enunciato non vi è dubbio che il suo rapporto potrà essere in prima istanza di lavoro autonomo, ma nulla farebbe pensare al contrario che questo rapporto non possa essere configurato come lavoro dipendente. È una scelta, spesso onerosa oltre misura, ma nel momento in cui entra in vigore pienamente una norma, essa conferisce lo status di lavoratore sportivo a chi la svolge con professionalità e ne fa il mezzo con cui consegue le fonti di sostentamento economico principale o prevalente, ci troviamo in modo incontrovertibile nell’area del professionismo, inteso secondo i principi qui prima enunciati.

Diversamente, se il nostro lavoratore sportivo ha già una propria occupazione prevalente ovvero una fonte di reddito abituale, ci troveremo di fronte ad una situazione diametralmente opposta in cui il Club e lo stesso operatore sportivo sono consapevoli che ci si troverà nell’area del dilettantismo.

Quindi, se è vero, come è vero, che l’introduzione di una diversa visione dei concetti di dilettantismo e professionismo aprirà a nuovi modelli di rapporti e di gestione, è altrettanto vero che occorre prepararsi a questa nuova era dello sport e del fitness.

Al via contratti articolati che prendono in considerazione diversi aspetti

E occorre allora impegnare questo tempo per comprendere meglio i vari aspetti innovativi per i rapporti lavorativi, occorre comprendere meglio i propri diritti ma al contempo occorre anche comprendere le modalità con cui deve essere previsto e articolato un contratto di lavoro sportivo o una lettera di incarico, in che modo impatterà la disciplina della sicurezza sul lavoro, in quali modalità interverrà la medicina del lavoro, quali saranno i parametri per accedere alle misure di sostegno del reddito per un lavoratore sportivo (malattia, maternità, infortunio, etc.).

Insomma l’intero panorama delle norme afferenti il lavoro sportivo farà da traino per un cambiamento significativo e determinante.

Da questo cambiamento migliorerà ulteriormente la qualità dei servizi sportivi e soprattutto finalmente sarà recepita correttamente l’essenza della discontinuità con il passato per inquadramenti sui generis che fino ad oggi hanno solo consentito a pochi di poter rappresentare uno scenario assolutamente inadeguato alla realtà.

Il lavoratore sportivo come si pone in questo momento storico

Sicuramente preoccupati perché molti non hanno avuto la possibilità di ricevere le necessarie informazioni. Alla preoccupazione si sommano sicuramente le paure che siano erose le già limitate somme abitualmente incassate senza alcun trattamento fiscale e previdenziale.

Il lavoratore sportivo come si pone in questo momento storico

Nuovi scenari, diversi budget di spesa

Cambierà lo scenario per tutti e, a fronte di migliori e ulteriori trattamenti in favore dei lavoratori sportivi, ci saranno anche aggravi di natura previdenziale e/o fiscale.
In un contesto come quello dei prossimi mesi, sarebbe auspicabile che il management di centri sportivi, palestre, etc. iniziasse a elaborare budget di spesa per fare i raffronti con il passato e ovviamente sarà importante poter circoscrivere nei primi anni il maggior costo per l’inquadramento secondo le nuove regole.

Ovviamente queste riflessioni non vanno nella direzione di creare incertezza e tensioni ma sono finalizzate a sensibilizzare tutte le parti coinvolte per la ricerca e la reciproca solidità dei rapporti costruita su regole certe e puntuali.

Se non ci saranno ulteriori proroghe delle date di entrata in vigore della riforma dello sport, al 1 luglio del corrente anno potremo applicare per i nuovi contratti le norme del correttivo, al contempo avremo anche la percezione di come sarà di fondamentale importanza non solo fissare delle tariffe adeguate alla quantità, qualità e consistenza dei servizi sportivi, ma anche e soprattutto se il nostro club, centro sportivo, palestra possano ragionevolmente ritenere che il punto di pareggio sarà raggiunto e il conto economico non avrà nessuno scossone in merito all’andamento della gestione almeno nel 2023.

In questo momento ci limiteremo a mettere in sicurezza le collaborazioni sportive già presenti nelle strutture attraverso un percorso di consapevolezza e propositività al fine di consentire una crescita professionale che fino ad oggi è stata spesso disattesa da tutte le parti coinvolte.

Questa riforma è un’opportunità di crescita per tutti

Per coloro che fin qui hanno interpretato la quotidianità della gestione come un elemento ineluttabile di impossibilità al cambiamento. La prassi farà comprendere nel corso dei prossimi anni come questa necessità di ripensare il rapporto con il lavoratore sportivo, unitamente alle ormai non più declinabili necessità di revisione delle modalità di gestione del centro sportivo, della palestra e quant’altro, saranno punti essenziali per una crescita nel proprio segmento di mercato.

Roberto Selci
Dottore Commercialista e Revisore Legale Collaboratore FISCOSPORT.IT e Componente della Rete Nazionale dei Professionisti del Terzo Settore e dello Sport

www.robertoselci.it

studio@robertoselci.it

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