Perché gli Omega 3 fanno bene? - La Palestra

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Perché gli Omega 3 fanno bene?

Numerosi studi sull’argomento degli Omega 3 rafforzano l’idea che questi integratori alimentari racchiudono svariati benefici.

La nonna aveva ragione. Il vecchio olio di fegato di merluzzo, così disgustoso e così odiato dai bambini, dal dopoguerra in poi utilizzato dai nostri nonni, era il rimedio contro tutti i mali. Molte ricerche confermano il grande potenziale terapeutico derivante del vecchio olio di fegato di merluzzo, ovvero il suo principio attivo: gli Omega 3. Oggigiorno è impensabile poter ancora utilizzare l’olio di fegato di merluzzo, non tanto per le sue proprietà organolettiche, di cui tutti ricordano il retrogusto, ma per le componenti tossiche di quell’olio, contaminato dalle sostanze nocive contenute nei mari. Uno degli integratori più utilizzati oggi sono gli Omega 3 estratti dall’olio di pesce distillato e ultra filtrato a livello molecolare per arrivare ad un prodotto puro e concentrato, senza incappare nel pericolo di imbottirci di mercurio e altre sostanze inquinanti disperse nei mari.

Una definizione di Omega 3

Se si digita Omega 3 nel motore di ricerca scientifico Pub Med, si possono trovare fino a 22.445 studi scientifici pubblicati, e molti di questi mettono in assoluta evidenza le potenzialità di questo integratore alimentare. Prima di citare solamente una piccola parte di lettura scientifica recente, cerchiamo di fare chiarezza su cosa siano questi Omega 3 di cui sentiamo tanto parlare nelle riviste, nei giornali, in televisione. Quando parliamo di Omega 3, ci riferiamo alla grande famiglia degli acidi grassi. Dire acidi grassi non vuole dire grassi cioè di triacilgliceroli ma di catene contenenti un gruppo carbossilico, i quali a loro volta si dividono in: acidi grassi saturi (SFA), acidi grassi insaturi (MUFA) e acidi grassi polinsaturi (PUFA). Questi ultimi sono rappresentati da due sottogruppi: gli Ω3 e gli Ω6. Noi mammiferi siamo in grado di produrre, anche senza la loro introduzione, acidi grassi monoinsaturi e saturi, ma gli Omega 3 e Omega 6 sono acidi grassi essenziali e si possono introdurre solamente con l’alimentazione. I precursori di questi due omega sono l’acido linoleico (LA precursore dell’Omega 6) e l’acido alfa linolenico (ALA precursore degli Omega 3). Quindi la loro presenza all’interno della cellula è dipendente unicamente dalla dieta. Approfondendo l’argomento in maniera più specifica, per capire bene il metabolismo degli acidi grassi essenziali bisogna differenziarne i percorsi, visto che il metabolismo degli Omega 6 differisce completamente da quello degli Omega 3 e differiscono completamente anche gli effetti che a loro volta producono.

Alimentarsi in modo corretto

Prima di affrontare un passaggio più complesso però bisogna porsi una domanda determinante: ma perché questi Omega 3 e 6 sono così importanti all’interno della nostra alimentazione? La risposta è semplice: sono determinanti per l’equilibrio biochimico di due “super ormoni” ovvero gli eicosanoidi di tipo 1 o quelli di tipo 2. Questi eicosanoidi possono formarsi solamente da acidi grassi a 20 atomi di carbonio e, a seconda della posizione del doppio legame appunto, si legano a recettori diversi creando risposte diverse .

Ci tengo comunque a specificare che non esiste nulla di “buono” o “cattivo” nel nostro corpo, ma che tutto è utile


ed indispensabile a seconda del timing e della situazione specifica. Una cosa certa è che nella nostra alimentazione per eccessiva introduzione di Omega 6 si ha una eccessiva produzione di eicosanoidi della serie 2.

Il metabolismo degli acidi grassi (in particolare in figura quello degli Omega 6) dimostra come l’attivazione e l’inattivazione

della Delta-5-desaturasi possa influenzare la formazione o meno di acido arachidonico (resposabile della formazione di tutti gli eicosanoidi “cattivi”) oppure la formazione da DGLA a eicosanoidi “buoni”. Quindi l’assunzione di Omega 3 attraverso l’utilizzo di olio di pesce concentrato non solo agisce come sostanza fondamentale per la costruzione e il mantenimento della fluidità delle membrane cellulari e la loro integrità, ma anche, come già conosciuto e dimostrato da tempo, permette di diminuire il rischio cardiovascolare, anche attraverso la diminuzione dei trigliceridi ematici e l’aumento del colesterolo Hdl.

Alcuni studi sull’argomento

Lo studio italiano del GISSI (Gruppo Italiano per lo Studio della Sopravvivenza nell’infarto miocardico–insufficienza cardiaca) ha lavorato ampiamente in questo settore e ha dimostrato risvolti molto interessati riguardo l’utilizzo di Omega 3: mettendoli a confronto con l’utilizzo di una statina, hanno dimostrato che gli omega-3 proteggono dalla morte improvvisa dopo l’infarto e, in caso di insufficienza cardiaca, riducono anche l’eventualità di aritmie nei pazienti scompensati. Oltre all’importante studio GISSI che ha reso una equipe italiana famosa in tutto il mondo, ci sono una miriade di altri studi sulle potenzialità e gli effetti dell’integrazione alimentare con Omega 3. Le potenzialità di questi acidi grassi sono sempre più frequentemente oggetto di evoluzione e di studio, molto probabilmente perché questi acidi grassi agiscono su quei super ormoni che poi a loro volta provocano una cascata di reazioni infiammatorie o non.

Elenchiamo solamente alcuni studi tra i più recenti:

  • Uno studio di ricercatori israeliani dell’università di Tel Aviv dimostra come gli acidi grassi Omega 3 inibiscano un gene specifico Apo E4 e l’invecchiamento cerebrale e di conseguenza l’insorgenza della malattia di Alzheimer.
  • Un articolo pubblicato sulla rivista Journal of Lipid Research dimostra come nell’alimentazione ci sia un eccesso di Omega 6 e una carenza di Omega 3 che induce poi all’obesità delle nuove generazioni.
  • Il Dipartimento di Scienze Optometry and Vision, dell’università di Melbourne, Parkville, Victoria, Australia ha determinato che gli Omega 3 diminuiscono la pressione intraoculare che aumenta solitamente con l’avanzare dell’età (Invest Ophthalmol Vis Sci. 2007 Feb; 48 :756).
  • Un articolo pubblicato su “Alzheimer e demenza” dimostra che prendere supplementi naturali di acidi Omega 3 nella mezza età migliora la memoria e le attività mentali in generale, prevenendo in qualche modo il declino neurologico che insorge con la comparsa del morbo di Alzheimer. È quanto emerge dallo studio pubblicato negli Usa, nel quale i ricercatori hanno seguito la salute di 485 persone dai 55 anni in su.
  • Una ricerca dell’università del Wisconsin, pubblicata dalla rivista Archives of Ophthalmology, rivela che una dieta ricca di minerali e vitamine antiossidanti e Omega 3 provenienti dall’olio di pesce contribuisce a proteggere il cristallino.
  • Uno studio canadese realizzato da molte università – Montreal, McGill, Laval, e Queen’s – su 432 volontari seguiti per quattro anni e pubblicato su Journal of Clinical Psychiatry indica che l’uso di integratori a base di Omega 3 su pazienti con depressione severa, resistenti ad alcuni antidepressivi e che non hanno disturbi d’ansia, dà buoni risultati.
  • Da uno studio condotto presso il National Institute on alcohol abuse and alcoholism di Bethesda (Usa) da Joseph Hibbeln e pubblicato sul British Journal of Psychiatry è emerso che i grassi Omega 3, di cui è ricco il pesce, potrebbero ridurre l’aggressività, i comportamenti asociali e la violenza. La ricerca è stata condotta su due gruppi di 200 giovani reclusi.
  • Una ricerca dell’Harvard Medical School (Boston, USA) diretta dal dottor Stacey Missmer e pubblicata su Human Reproduction ha concluso che un’alimentazione ricca di Omega 3 fa calare il rischio di endometriosi al contrario assumere molti grassi “cattivi” lo fa aumentare. Gli scienziati hanno osservato 70.709 donne, annotando salute e dieta seguita per 12 anni. È cosi emerso come a fare la differenza fosse la qualità più che la quantità dei nutrienti. Infatti, quelle che assumevano molti Omega 3 mostravano una vulnerabilità all’endometriosi inferiore del 22%. • Acidi grassi essenziali nei bambini possono incrementare le capacità di apprendimento se assunti sin dai primi mesi di vita. Questo è quanto emerge da uno studio pubblicato sul The American Journal of Clinical Nutrition. I bimbi nutriti con una dieta ricca di DHA (acido docosaesaenoico) e l`AA (acido arachidonico), acidi grassi essenziali delle serie Omega 3 e omega 6, hanno imparato a sedersi con sette giorni di anticipo rispetto ai loro coetanei.
  • Mangiare tre volte alla settimana pesci ricchi di grassi Omega 3 riduce del 26% il rischio di sviluppare lesioni cerebrali silenti, possibili responsabili di forme di demenza, e di andare incontro a ictus. Sono le conclusioni di uno studio condotto in Finlandia su 3.660 uomini e donne over 65, e pubblicato sulla rivista scientifica Neurology. Una protezione che scende al 13% se il consumo di pesci grassi si riduce a una volta alla settimana.
  • Secondo uno studio statunitense i bambini piccoli se la cavano meglio nella risoluzione dei problemi se la loro madre, durante la gravidanza, ha inserito nella propria dieta un supplemento di acidi grassi Omega 3 e in particolare di acido docosaonico (DHA). I neonati sono stati seguiti per 9 mesi, durante i quali sono stati sottoposti a test cognitivi. Mediamente i bambini le cui mamme avevano assunto DHA ottenevano punteggi più alti.

Questa è sola una limitata parte di letteratura che tratta di Omega 3. Essi possono essere assunti attraverso l’uso di integratori alimentari oppure attraverso l’utilizzo giornaliero di cibi ricchi di grassi essenziali e prodotti ittici, ma ovviamente dobbiamo tenere in considerazione che l’assunzione di pesce ricco di Omega 3 ha come effetto collaterale anche l’assunzione di metalli tossici e altre sostanze, mentre l’utilizzo di prodotti vegetali come fonte di acidi grassi è consigliata anche se l’utilizzo di ALA vegetale richiederebbe quantitativi molto grandi. Questa carrellata di articoli ci dimostra ancora una volta che, non solo Ippocrate aveva ragione, ma ben più vicine a noi, le nostre nonne ci consigliavano già verità scientifiche e soluzioni nutraceutiche.

Iader Fabbri

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