Il caso Netflix: come vincere quando tutto sembra contro di voi

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Gestione

Il caso Netflix: come vincere quando tutto sembra contro di voi

Come riconoscere e anticipare i reali desideri dei consumatori attraverso servizi e prodotti in costante evoluzione

Si dice: il cliente ha sempre ragione. E poi: bisogna capire che cosa davvero vuole il cliente. E ancora: le proposte di valore con cui un’azienda deve porsi sul mercato vanno commisurate ai desideri dei clienti. Centinaia di business school, di libri sul management e di costosissimi seminari di guru del marketing ci hanno instillato questi paradigmi, convincendoci che siano la base per il successo.

Tutto vero? Sì, ma non basta affatto. In un mondo in costante cambiamento, in cui ognuno è perennemente alla ricerca di nuovi stimoli, questi postulati smettono di essere tali, e da mantra ripetuti a bassa voce diventano solo una coperta
di Linus per giustificare l’immobilismo.
La famosa frase di Henry Ford, pioniere del capitalismo automobilistico (“Se avessi chiesto ai miei clienti cosa volevano, mi avrebbero risposto: “un cavallo più veloce”), fa riflettere invece sul fatto che fornire ai potenziali clienti quello che dicono di volere può non essere sufficiente.

Stare sul mercato, a volte, vuol dire anche saper anticipare e interpretare i reali desideri dei consumatori attraverso servizi e prodotti in costante evoluzione. Il mondo del fitness, in Italia, antropologicamente e imprenditorialmente poco evoluto, dovrebbe riflettere su una tale affermazione.
E per farlo, può imparare da Netflix, l’azienda di video on demand con 75 milioni di abbonati presente in 190 Paesi e sbarcata finalmente in Italia, non senza polemiche, qualche mese fa.

La storia di Netflix

Reed Hastings non immaginava certo una simile evoluzione quando la fondò, nel lontano 1997. Il suo scopo era quello di coprire una nicchia di mercato che il colosso della distribuzione di VHS, Blockbuster, non riusciva a soddisfare, cioè quello di chi abitava in località in cui non esisteva un negozio di noleggio di videocassette.
La molla fu una multa di 40 dollari che prese per aver riconsegnato in ritardo “Apollo 13”.
E l’idea vincente, cioè quella di far sottoscrivere un abbonamento temporale anziché un valore per ogni singolo noleggio, venne ad Hastings pensando… alla palestra che frequentava! (lo vedete quindi che il parallelo fitness/Netflix comincia a essere più chiaro?).

La proposta di valore della prima Netflix fu quindi un catalogo talmente vasto da sembrare illimitato e un servizio postale a domicilio che azzerava i costi dell’acquisizione dei film e di eventuali ritardi nella riconsegna. La base fu la fiducia nel sistema postale e nella lealtà del cliente (che avrebbe potuto appropriarsi del film, non restituendolo), collegati a un abbonamento annuale che garantisse un afflusso di fondi continuo.

Blockbuster non fu granché colpito, inizialmente, e Netflix poté cominciare a espandersi e a creare una brand loyalty di tutto rispetto, che portava il cliente a ordinare immediatamente un altro film quando, grazie alla busta preaffrancata, restituiva quello appena visto.

La fortuna di Netflix (un pizzico non guasta mai) fu quella di entrare nel mercato proprio nel momento di passaggio fra videocassette e DVD, e le spedizioni postali dei secondi erano decisamente più facili ed economiche.

Dopo 10 anni in cui il parco clienti cresce costantemente, Hastings decide di cambiare modello di business: non più spedizione di dvd, ma visione del contenuto direttamente in streaming. La tecnologia ha fatto passi da gigante, e permette di visionare film e video su computer grazie alla banda larga. Anche nel 2007, anno dell’inizio della strategia streaming di Netflix, esistono già altri competitor nel settore: la situazione non è quindi molto dissimile da quella di dieci anni prima.

La genialità di Hastings sta nella scelta di monitorare le abitudini di visione dei clienti attraverso un algoritmo segreto e complicato per suggerire contenuti affini a quelli appena visti. Un po’ come già faceva Amazon, e come oggi fanno praticamente tutti i servizi di vendita on line. In questo modo, Netflix inventa un mercato nuovo, creando desideri che i clienti non sanno di avere (allo stesso modo in cui parallelamente Apple fa con Itunes e l’Iphone), ma che accettano entusiasti, aumentando la fidelizzazione e letteralmente spazzando via ogni forma di concorrenza.

Ma non è finita qui. Netflix ha ormai conquistato il mass market statunitense, e diventa oggetto di culto fra gli appassionati, fino a poter sbarcare in Europa, offrendo gli stessi servizi. È ormai un player mondiale. E questo gli consente di variare in modo efficiente la struttura dei costi, che da altamente variabili (derivanti soprattutto dalle consegne postali) diventano soprattutto fissi e legati all’ottenimento delle licenze dei film in streaming, e possono essere facilmente assorbiti grazie alle decine di milioni di abbonati fedelissimi.

La concorrenza però è spietata: la tecnologia si evolve con sorprendente velocità, e nel giro di pochissimi anni entrano nel mercato potenziali competitor; inoltre, la fruizione di film attraverso la tv viene presto soppiantata dal mobile (smartphone e tablet). Per stare a galla, c’è bisogno di un ulteriore passo in avanti. Hastings cambia orientamento, e passa dalla semplice distribuzione alla creazione di contenuti, diventando così un nuovo player produttivo nel mercato dell’audiovisivo e del multimediale.
E lo fa con il botto: la serie tv “House of cards”, che mostra il lato oscuro della politica americana, ha un successo mondiale, e mostra il nuovo (e per ora, ultimo) volto di Netflix, quello di un’azienda che si mette in competizione diretta con i produttori, attraverso la creazione di contenuti di alta gamma, con script perfetti e attori hollywoodiani. Mica male, per chi si lamentava dei 40 dollari di penale per una consegna in ritardo!

Quali sono gli insegnamenti da trarre, anche per il nostro settore?

1. Mai pensare che ogni nicchia sia riempita dal leader di mercato. Anche se a fianco a noi ci sono fitness club apparentemente in grado di schiacciare la nostra offerta, c’è sempre qualcuno che può accettare una proposta di valore differente. E magari sono in molti: basta andarseli a cercare, con grinta e coerenza. Traduzione:
le innovazioni e la fidelizzazione non passano dagli sconti sui prezzi!

2. Quando si pensa di essere arrivati, quello è il momento di cambiare. Fidelizzazione al 90%? Media contratto vicina al valore dell’annuale? Sale piene a ogni ora? C’è qualcosa che va fatto, subito. Perché se non lo fate voi, lo farà qualcun altro, che magari in questo momento sta correndo sul vostro tapis roulant e si guarda intorno pensieroso.

3. Avere una costante, quasi maniacale attenzione alla fidelizzazione. È solo quella che ci può portare a una rendita pressoché automatica, capace di coprire i costi fissi di un impianto fitness che, lo sappiamo, hanno una percentuale molto più alta di quelli di Netflix!

4. Ampliate l’esperienza del cliente, e create nuovi modi per cui questi si possa sentire a suo agio nella vostra struttura. Se i vostri clienti vi dicono che le docce sono fredde, fateci caso e agite con prontezza, ma non fatene un dramma. Un cliente non viene da voi per farsi una doccia, ma per provare un’esperienza; di cui la doccia finale è una parte, che non va confusa con il tutto.

5. Chiedetevi chi sono i vostri “early adopter”, cioè le persone che sono in grado di percepire, capire e accettare per primi le vostre nuove proposte di valore. Chiedetevi che desideri nascosti hanno, come vivono, cosa fanno, che gusti hanno.

6. L’ultimo, collegato al precedente, e secondo me il più importante: uscite dalle vostre palestre. Non stateci dentro 13 ore al giorno: il mondo, là fuori, cambia, e i vostri clienti vivono nel mondo, non da voi. Girate il mondo, dal supermercato sotto casa alla punta nord della Groenlandia, con gli occhi e le orecchie aperti e spalancati: potreste essere voi i Reed Hastings del futuro!

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